Abitare la Vita
“DOVUNQUE SIATE,
SIATECI TOTALMENTE”.
(E.Tolle)
Se ci chiedessero di pensare alla nostra casa, intesa come abitazione, facilmente penseremmo ai muri dell’immobile che noi consideriamo casa nostra, alle stanze, all’arredamento e agli oggetti in essa contenuti a cui siamo più o meno affezionati. Quella corrisponde all’idea che noi abbiamo della nostra abitazione, ciò che nel nostro archivio mentale è classificato come “la mia casa”.
In verità di una casa non sono i muri che abitiamo, e nemmeno i mobili.
I muri sono i confini che delimitano lo spazio che abitiamo, i mobili e gli oggetti contenuti sono gli strumenti che noi usiamo per abitare la casa, ma ciò che abitiamo realmente è lo spazio vuoto, quel vuoto che la mente definirebbe “niente”.
Se entri in una stanza senza mobili e senza oggetti, completamente vuota, e qualcuno ti chiedesse: “cosa c’è in quella stanza?”, forse la tua prima risposta sarebbe: “Niente”.
La mente, soprattutto la mente dell’uomo occidentalrazionale, ha bisogno di qualcosa che abbia una forma, per poterla definire e riconoscere. Ciò che è senza forma per lei è “niente”, poichè il senza forma non può essere contenuto nella forma, così come l’infinito non può essere contenuto (e quindi compreso) dal finito.
Ecco dunque la comodità di definire “niente” il vuoto.
«Gli uomini hanno paura di abbandonare le loro menti,
perché temono di precipitare nel vuoto senza potersi arrestare.
Non sanno che il vuoto non è veramente vuoto,
perché è il regno della Via autentica.»
(Huang-po)
Il concetto occidentale di vuoto assume per lo più connotati negativi, in quanto viene fatto solitamente ricondurre alla mancanza di qualcosa ed è spesso abbinato ad un senso di assenza (di qualcosa che dovrebbe esserci).
Per gli orientali, come ad esempio nel Taoismo o nel Buddhismo, quello della Vacuità è, invece, un concetto molto caro e di grandissimo valore.
In tal caso il vuoto non diventa sinonimo di mancanza, bensì di presenza.
Quello spazio vuoto diventa lo spazio dell’infinito, pertanto assolutamente pieno. Pieno di ciò che non ha forma e che pertanto non può essere classificato, capito e inquadrato dalla mente umana. E poichè la natura stessa dell’essere umano è infinita, quel vuoto non è altro che il contatto con la sua più profonda essenza.
Interessante. Potremmo dunque dire che una stanza vuota, in realtà è piena di infinito, di non forma, di Vita.
E, a ben sentire, questo potrebbe cambiare completamente la nostra percezione di quello spazio.
Improvvisamente quel “niente” diventa una risorsa sconfinata.
Un detto Zen recita: “Una tazza è utile solo quando è vuota”.
Solo uno spazio vuoto può essere riempito. Solo il vuoto può essere abitato.
La cosa buffa che accade all’essere umano, è che di solito si approccia a se stesso, esattamente come fa con la sua casa. Pensa di essere i muri della casa, si identifica con gli strumenti e dimentica che la Vita è ciò che accade nello spazio vuoto che sta vivendo al di là della forma.
Pensa di essere il suo corpo, i suoi pensieri e le sue emozioni, dimenticando che quelli sono solo i muri e i mobili della casa dell’Essere che sta abitado la Vita.
Così accade che finisce per confondere la sua Vita con la sua “situazione di vita”.
Entriamo nel merito di questo fraintendimento.
La tua situazione di vita è ciò che riguarda te nella tua storia adesso, con la memoria del tuo passato, le aspettative per il futuro, le circostanze date da cose, situazioni e persone intorno a te in questo momento, frutto di tutti i momenti trascorsi che rappresentano il tuo bagaglio di esperienza, a cui generalmente fai riferimento per definire te stesso.
La situazione di vita tiene conto del tempo psicologico, ossia quel ieri che ti porta ricordo e quel domani che ti porta anticipazione. E’ psicologico perchè risiede solo nella mente.
Il corpo ha solo un tempo: l’adesso.
Il corpo non può essere in nessun altro luogo che qui, ora.
La mente invece adora viaggiare nei tempi inesistenti: un passato che non può tornare e un futuro che chissà se ci sarà. Per questa ragione la mente non tollera il presente. Nel presente la sua attività è solo funzionale, in qualità di strumento al servizio dell’Essere. Quando invece è lei che conduce il gioco, diventa disfunzionale e fluttua ininterrottamente da un tempo (inesistente) all’altro, da un pensiero all’altro, da un concetto all’altro, e molto spesso adora ripetersi e rigirare su se stessa come un criceto in gabbia che corre affannosamente nella sua ruota.
Molti esseri umani ritengono che la loro “situazione di vita” sia la loro vita e questo è certamente fonte di grossi malesseri.
La Vita non è altro che quello che sta passando Adesso.
In questo istante.
E in questo.
E in questo.
E in questo.
E così via…
La Vita non conosce altro luogo che QUI e altro tempo che ORA.
E restando aderenti a ciò che c’è, nient’altro che questo, non c’è spazio che per l’Adesso.
E in questo spazio non ci sono confini, se puoi entrarci pienamente, diventa uno spazio vuoto di incredibile pienezza.
Ed ecco che Vivere diventa affidarsi al vuoto, al mistero, all’infinito.
Lanciarsi senza rete nella pienezza del vuoto.
E scoprire che quel vuoto non fa più paura, perchè non è più assenza, ma totale presenza.
E accorgersi che quel disperato tentativo di voler riempire un inguaribile senso di mancanza (con cose, situazioni e persone, quindi forme) non era altro che l’incapacità di accogliere e accettare ciò che forma non ha e forma non è, fino a rendersi conto che abitare la Vita significa esattamente abitare quel vuoto, entrare nell’infinito e mettersi comodi al centro dell’Essere.
Roberta Pagliani