ciuccio | Roberta Pagliani - Yoga Consapevolezza e Gioia

Regalati un ciuccio (e smetti di raccontartela)

E’ molto facile che questo articolo possa assumere per qualcuno risvolti un po’ fastidiosi, diciamo scomodi, e che io possa improvvisamente diventare antipatica (o magari lo ero già) a molti, ma è un rischio che, consapevolmente, sono disposta ad accollarmi.

Voglio partire da un’immagine a me molto cara, raccolta durante le lezioni di “Comportamento Alimentare” frequentate presso una Scuola di Naturopatia, oltre dieci anni fa. Ricordo con grande affetto come l’insegnante ci spiegò la differenza tra cibo e nutrimento, come spesso si tenda a confondere le due cose e come questo fraintendimento vada a segnare, in qualche modo, tutta la nostra esistenza.

Tu pensa a un bambino, neonato, che piange… la mamma ritiene che abbia fame e gli dà cibo.
Poi il bambino piange ancora… e la mamma pensa “ma come, hai già mangiato!” e allora cerca la ragione di questo nuovo pianto: starà male? avrà le colichette? ha fatto la cacca? Una sorta di rebus da risolvere…
E quando proprio non si trova ragione, talvolta sull’orlo del comprensibile sfinimento, ecco che si ricorre al ciuccio, una sorta di oggetto magico che pare abbia il potere di ripristinare la quiete nell’animo del cucciolo.
In realtà ciò che accade è che il piccolo può così “tettare”, simulare l’attaccamento alla mamma riproducendone il gesto dell’allattamento. Non è un bisogno di cibo, bensì di nutrimento.

Quell’esserino chiederebbe qualcosa, che non è cibo, poichè il corpo è stato sfamato, ma c’è un’altra fame, più profonda, che è un indispensabile bisogno di nutrimento, è una fame che viene dall’anima, non dal corpo.

Chissà mai cosa vorrebbe quel cucciolo di uomo, forse chiede solo di essere leccato d’amore, come accade ai cuccioli degli animali, che nelle prime settimane di vita vengono instancabilmente leccati dalla mamma…

E invece il bimbo riceve un ciuccio.
E associa a quel ciucciare la miglior risposta possibile a quella specie di fame profonda, una “fame di non so cosa che crea una voragine dentro e non so proprio come riempirla”, un senso di incolmabile vuoto che in quel tettare pare venga un po’ anestetizzato.
Non lo guarisce, ma lo sopisce.

Poi il bambino cresce e inizia a rapportarsi al mondo, alle situazioni, alle persone.
Ed è molto facile che quella fame profonda, quel senso di vuoto interiore rimanga, nonostante le mille attività intraprese e le infinite distrazioni trovate.
E se nessuno gli ha insegnato ad ascoltarsi intimamente (se sapete di qualcuno che l’ha fatto, voglio conoscerlo!), succede che gli verrà naturale confondere il nutrimento col cibo, e quindi mangerà molto più di quanto serva al suo corpo, oppure troverà dei ciucci per anestetizzare quel senso di “inspiegabile fame profonda”.

Ogni forma di dipendenza è un ciuccio. Ossia la compensazione di un bisogno non ascoltato.
Questo vale per le dipendenze più evidenti, come quelle da cibo, alcool, sostanze di vario genere, fumo, sesso, rapporti affettivi, shopping compulsivo e chi più ne ha più ne metta…
Ma è opportuno stare bene attenti, ai giorni nostri, perchè si stanno diffondendo forme di dipendenza molto più subdole e di cui si ha scarsa consapevolezza, essendo considerate situazioni “normali”.
Mi riferisco agli atteggiamenti compulsivi rispetto all’utilizzo di strumenti telematici, realtà virtuali, utilizzo dei social network e di piattaforme di comunicazione a distanza. Tutte forme di compensazione esteriore di qualcosa che chiama, in realtà, dall’interno e non viene ascoltato. Con l’aggravante, spesse volte, che in questi casi si arrivano a creare vere e proprie realtà parallele nelle quali uno rischia di credere e d’investire più che nella propria vita (diciamo) “reale”, col rischio di ottenere un grande divario tra l’immagine di sè creata ad uso e consumo degli altri e il proprio sè, alla fine totalmente sconosciuto.

Come fare ad accorgersi se si tratta di dipendenza-ciuccio, oppure no?
Molto semplice. Se puoi decidere di farlo o non farlo; se sei tu a condurre; se puoi dire di no senza alcuna resistenza interiore; se, per intenderci, non ne “hai bisogno” (questo vale per sostanze, persone, atteggiamenti, abitudini, etc.) non ne sei dipendente.
In caso contrario… regalati un ciuccio!

La dipendenza è la necessità di “tettare” per sopperire a un grande senso di mancanza.

Ed in effetti, nella dipendenza, chi manca, sei tu.

C’è una richiesta di nutrimento mai saziata, fame dell’anima, non del corpo.
E a qualunque cosa tu ricorrerai per cercare di riempire questa voragine, a qualunque ciuccio ti attaccherai, sarai destinato ad accorgerti che non funziona, prima o poi non ti basterà.
Puoi anche intingerlo nel miele, quel ciuccio, ti sembrerà più dolce all’inizio, ma non darà mai da mangiare al tuo bisogno profondo di te stesso.
E’ il naturale bisogno di sentirsi a Casa, di vivere ogni istante con la consapevolezza di essere al posto giusto nel momento giusto, di sentirsi innamorati della Vita e sapere che è un Amore reciproco. Amore.
Quello che da piccolo chiedevi ai grandi (restando facilmente insoddisfatto) e da grande continui a chiedere a qualcosa o qualcuno fuori di te. Non può funzionare, è chiaro.

Quella così strana fame, è un bisogno di nutrimento che solo tu puoi saziare per te stesso.
E solo quando comincerai ad assaggiare il sapore di quella pienezza, potrai veramente comprendere quanto inutile fosse correre tanto alla ricerca di qualcosa che in realtà è sempre stato dentro di te (ad aspettarti).

Quindi, se ti va, puoi iniziare ad essere molto sincero con te stesso, da adesso.

Regalati un ciuccio e guarda con infinita dolcezza il tuo bisogno di camuffare in mille modi quel naturale e primordiale bisogno d’Amore, nascosto dietro quel disperato tettare.
E invece di volerti sentire a tutti i costi un figo, ricoprendoti di inverosimili maschere, prova semplicemente a toccare con gentilezza il tuo nocciolino delicato e sappi che la vera forza viene dal saper accogliere la propria vulnerabilità.

Guerriero non è colui che si atteggia a grande uomo (inteso come essere umano) forte.

Guerriero è chi ha integrato ogni suo aspetto.

Per integrare è necessario riconoscere e accogliere anche, e soprattutto, le parti meno luminose e proprio su quelle lavorare affinchè possano a loro volta divenire Luce.

Pensa a come sarebbe efficace se ogni volta che ci si dedica ad una propria dipendenza, da adulti, lo si facesse con un ciuccio in bocca. E magari a chi ci guarda storto dire: “Embè?! Sto tettando, ho bisogno d’Amore e continuo a cercarlo fuori di me, ma ora che lo so posso cambiare”.

Rischieremmo forse di trovarci in un buffo mondo di adulti col ciuccio in bocca, uomini e donne apparentemente bambini ma in realtà molto maturi, disposti a sostituire le maschere con la volontàdi conoscersi appieno e riempire da sè i propri vuoti, per poter a questo punto contaminare il mondo di tanta pienezza.

Perchè il nostro compito non è mendicare amore.
Il nostro compito è diventare Re e Regine dell’Amore.

Roberta Pagliani